Roma, 11/02/2025
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Auto elettriche cinesi a basso prezzo, gli Stati Uniti corrono ai ripari con la sicurezza nazionale

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Le auto elettriche cinesi a prezzi competitivi spaventano l’industria degli Stati Uniti. I dazi sembrano non bastare visto l’escamotage della produzione in Messico, perciò si ragiona sulla tutela della sicurezza nazionale

La Cina continua ad essere uno spauracchio per il mercato automobilistico globale. La politica dei bassi prezzi dei propri veicoli elettrici, con marchi come BYD che proseguono l’avanzata in Europa e nel resto del mondo (tanto da diventare anche tra gli sponsor di un evento di grande richiamo come Euro 2024), sta mettendo sotto pressione il mercato.

Auto elettriche cinesi a basso prezzo, l’escamotage della produzione in Messico per aggirare i dazi

In particolare, gli Stati Uniti sono preoccupati per l’escamotage di Pechino per aggirare i dazi, ovvero aprire la produzione delle proprie case automobilistiche in Messico. In questo modo si utilizza il Paese centroamericano come testa d’ariete per esportare nel mercato nordamericano le auto elettriche cinesi a basso costo. Senza incappare nella stangata dei dazi per l’importazione dei beni dalla Cina. Questo grazie all’accordo tra Stati Uniti, Canada e Messico del 2020, che consente un movimento di beni e prodotti tra i contraenti con una tassazione di appena il 2,5%. Se non in un regime di esenzione totale dai dazi.

L’industria automobilistica americana rischia di essere messa in ginocchio dalla Cina?

Al contempo, Pechino utilizza la leva competitiva di un’industria con le spalle protette dallo Stato e dalle sue sovvenzioni, che permettono prezzi competitivi. Non solo nelle auto, come abbiamo visto in tutti questi anni anche nei nostri mercati. Ma le auto a batteria alzano ulteriormente l’asticella della competizione.

Qui si parla dell’industria automobilistica che è stata presa in contropiede dalla rivoluzione elettrica, e soprattutto dalla capacità di Pechino di offrire beni come le sue vetture a costi bassi. Costi che giovano infatti di un’economia che ha il monopolio sulle catene di fornitura e delle materie prime necessarie per il funzionamento delle batterie. Secondo GlobalData, delle 10,4 milioni di vetture elettriche prodotte in tutto il mondo nel 2023 quasi il 62% è frutto delle industrie cinesi. Meno del 10% invece è opera statunitense.

Come riporta un articolo del Wall Street Journal, le auto elettriche americane hanno un prezzo che in media si aggira intorno ai 55.000 dollari. Vetture invece come quelle di BYD superano di poco i 10.000, al netto dei sovraprezzi di tasse e dazi. Esagerando, si arriva a circa 20.000 dollari, ma comunque cifre molto competitive. Risultato: “Le fabbriche chiudono. I lavoratori perdono posti di lavoro nel cuore industriale dell’America”, riporta il WSJ. E secondo l’Alliance for American Manufacturing le BEV del Dragone sono un rischio potenziale di estinzione per l’industria di settore nordamericana.

Le possibili soluzioni per tutelare l’industria automobilistica americana

Gli USA perciò devono correre ai ripari. Una opzione potrebbe essere quella di esentare i beni cinesi dalle esenzioni o riduzioni dei dazi dei prodotti fabbricati in Messico. Il quale potrebbe essere anche spinto dall’amministrazione statunitense a non accettare la presenza di impianti dalla Cina. Oppure, fa notare il WSJ, “si potrebbero vietare i veicoli cinesi in quanto minaccia alla sicurezza nazionale”.

È probabile che, nel caso di una sempre più concreta rielezione di Donald Trump il prossimo novembre, possano essere intraprese delle misure draconiane contro l’avanzata asiatica. Ma intanto lo stesso Joe Biden, uscito con le ossa rotte dal primo confronto per le presidenziali 2024 contro il rivale, ha già alzato i dazi sui prodotti cinesi di importazione dal 27,5% del suo predecessore al 102,5%.

Ma c’è anche chi la pensa controcorrente. Secondo Christine McDaniel, ricercatrice senior presso il Mercatus Center della George Mason University sentita dal WSJ, a questo punto sarebbe più economico consentire alle auto cinesi di penetrare nel mercato senza dazi, e lasciar far tutto alla legge della domanda e dell’offerta. “Sarebbe sicuramente qualcosa di dirompente. Ma i veicoli elettrici entrerebbero in circolazione negli Stati Uniti molto più velocemente”, ha spiegato la ricercatrice.

Come la Cina potrebbe aggirare i dazi

La possibilità di produrre in Messico consentirebbe alla Cina di poter raggiungere questo obiettivo. L’accordo triplice tra Stati Uniti, Canada e Messico prevede che il 75% di una vettura e delle parti che la compongono debba essere di provenienza nordamericana, ricorda il WSJ. Inoltre, almeno il 40% deve essere frutto di una forza lavoro che guadagna come minimo 16 dollari all’ora. Criteri stringenti, però aggirabili.

Pechino infatti potrebbe dimostrare che la produzione messicana dei suoi marchi trasforma in maniera sostanziale le proprie vetture, da cinesi a messicane. Cambiamenti avvenuti nelle fabbriche, e nel caso di respingimento di questa tesi da parte dell’amministrazione americana l’amministrazione cinese potrebbe rivolgersi alla Corte del Commercio Internazionale degli Stati Uniti. Un ricorso che potrebbe essere accolto.

L’opzione della tutela della sicurezza nazionale

Resta quindi come extrema ratio per fermare l’avanzata delle auto cinesi quella di far leva sulla sicurezza nazionale. Le vetture asiatiche sono molto sofisticate e sono dotate di sensori e telecamere. Gli USA potrebbero insistere sui rischi che una tale tecnologia possa essere usata per motivi di spionaggio, sia nei confronti di obiettivi militari che civili. Alzando però il livello di scontro, già sul filo della tensione, con Pechino.

Immagine di Copertina: BYD

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