Roma, 05/12/2024
Roma, 05/12/2024

Come formeremo alle nuove professioni della mobilità elettrica?

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La transizione ecologica significherà anche una transizione del lavoro, con nuove professionalità ed un nuovo sistema produttivo. L’importanza della formazione di personale per l’industria dell’emobility ed i progetti nelle scuole

Con il dibattito sullo stop alla vendita di auto e furgoni a motore termico al 2035 che continua, volano critiche, anche da dentro il Governo, ai tempi del passaggio all’elettrico mentre si inneggia al rischio di perdere decine di migliaia di posti di lavoro proprio a causa di questa transizione.

Ma la transizione è, in realtà, un’opportunità di crescita e di occupazione: questo perché il mercato si sta già muovendo e, da una parte, non solo le competenze – e, di conseguenza, le professioni – possono essere riconvertite ma nasceranno anche tante nuove professionalità tecniche nella nuova industry. “I posti di lavoro coinvolti” spiega infatti Michele Crisci, presidente dell’UNRAE, “qualche decina di migliaia, potranno non solo essere convertiti ma se ne potranno aggiungere anche altri”.

“Per questo nei prossimi mesi e anni la transizione energetica dovrà essere accompagnata da un’agenda di Governo, economica e politica, in grado di supportare efficacemente lo sviluppo, anche da un punto di vista sociale e occupazionaleha proseguito il presidente dell’associazione.

Prendiamo il mercato delle batterie, in fase di forte sviluppo e che richiederà sempre più competenze qualificate e tecniche, in grado di adattarsi al nuovo settore. Come ha illustrato la professoressa Silvia Bodoardo del Politecnico di Torino in un nostro recente webinar Le batterie del futuro, risulterà necessario formare una flotta aziendale notevole, “di circa 800mila persone formate nei prossimi anni, di cui 25mila di alto livello”.

Numeri notevoli per il solo settore delle batterie, che fa parte di una filiera ben più ampia. E le competenze richieste sono più variegate di quanto si penserebbe: “Non abbiamo bisogno solo del chimico per il singolo materiale, ma anche di chi si occupa di mining, minerali, testing, ingegneri elettronici e tutto il mondo della digitalizzazione è estremamente importante. E abbiamo bisogno di giovani ma anche di persone che si riformino per entrare in questo settore” ha concluso la professoressa Bodoardo.

Motus-E nelle scuole per formare i nuovi professionisti dell’eMobility

Sono convinto che l’obiettivo finale sia un aumento esponenziale dell’elettrico” ha commentato il Ministro per l’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin riferendosi al dibattito sullo sviluppo del settore automotive, in un intervenuto agli Stati Generali della Transizione organizzati dall’associazione TES. “Ma ci sono anche altri percorsi e la tecnologia ci permette di andare avanti”. Ogni tecnologia ha un suo ruolo nella transizione, questo è certo, ma è fondamentale riconoscere il ruolo chiave rivestito dall’elettrico, e di una industria avviata, lasciando da parte l’accanimento nei confronti dei tempi dell’agenda di elettrificazione europea.

Ma facciamo chiarezza sul discusso calo occupazionale che causerà la transizione, una delle critiche più ripetute da chi si oppone all’elettrico (pur sottolineando che nessuno studio sulla filiera conclude che si possano ridurre gli impatti occupazionali opponendosi a una transizione tecnologica già avviata in un mercato globale).

Dal report di Motus-E e Ca’ Foscari in cui si quantifica la perdita di posti di lavoro legati al mondo automotive tradizionale, si parla di circa 14.000 posti di lavoro ad alto rischio in Italia, quelli occupati nelle imprese dedicate integralmente ai motori endotermici, a fronte di almeno 215.000 se perdiamo competitività sulle nuove tecnologie.

Sarà quindi importante “accompagnare il cambiamento attraverso la formazione”, cosa che la stessa Motus-E sta facendo a partire dalle scuole, grazie alla collaborazione con la Rete di Scuole per la mobilità sostenibile. Si tratta di un’iniziativa che mira a rafforzare l’offerta formativa di Istituti tecnici, professionali, ITS, tra gli altri, per fornire una preparazione adatta a sfruttare pienamente il nuovo potenziale occupazionale della nuova mobilità.

Sono già quasi 50 istituti in 16 Regioni a far parte della Rete di Scuole per la mobilità sostenibile. Con i progetti dell’iniziativa, si vuole assicurare una preparazione sempre più mirata ed utile a entrare nel mondo del lavoro, o a rimanerci: il target dei laboratori non sono solo gli studenti, infatti, ma anche chi lavora già nel settore automotive ed è chiamato ad aggiornare le proprie competenze (il cosiddetto reskilling) per l’industria dell’e-mobility. L’obiettivo finale? La creazione di un percorso didattico nazionale ufficiale e sempre più ampio.

L’offerta formativa deve rimanere aggiornata per integrarsi con l’industria del futuro, spiega Paolo Cortese, dirigente scolastico e Presidente della Rete di Scuole per la mobilità sostenibile: “Il prossimo anno sperimenteremo anche un ‘laboratorio digitale’ allargato a tutti gli istituti del corso nazionale per ‘Tecnico della progettazione gestione e manutenzione dei sistemi di mobilità sostenibile’, con attività in realtà aumentata e realtà virtuale”. Ma l’iniziativa, in cui parte dei progetti si sono appoggiati ai fondi PNRR Scuola 4.0, deve poter operare in un contesto in cui viene garantito l’accesso delle scuole alle risorse disponibili, che non sempre avviene: “Accanto a queste esperienze, però, è indispensabile che gli studenti si esercitino in laboratori sempre più evoluti, per questo auspichiamo una disponibilità continuativa di fondi, PNRR e non, volti al potenziamento dell’offerta didattica delle scuole”.

Rinnovabili e nuovi posti di lavoro

Apriamo una chiosa sul più ampio settore dell’energia, proprio perché anch’esso dovrà rinnovarsi per poter garantire, nel tempo, una sempre maggiore quota di rinnovabili che garantisca la sostenibilità nell’alimentazione dei veicoli. Lo ha sottolineato lo stesso Ministro Pichetto Fratin: “La transizione ecologica significa anche transizione del lavoro, nuove professionalità, un sistema produttivo che deve cambiare pelle”.

Un settore che dovrà essere accompagnato: “Dobbiamo ribaltare il quadro odierno: al 2030 due terzi dell’energia dovrà arrivare da fonti rinnovabili, un terzo dal meno inquinante dei fossili, cioè il gas, per arrivare alla neutralità al 2050”. Di fronte a questi obiettivi, sorge ancor più l’esigenza di “far percepire e accompagnare questo cambiamento, partendo dalle giovani generazioni”.

A questo proposito, Walter Rizzetto, Presidente della Commissione Lavoro Pubblico e privato della Camera dei Deputati, è intervenuto, direttamente dalla fiera LetExpo a Verona di questi giorni, al webinar di EnergiaItalia.news sulle nuove professioni delle rinnovabili per sottolineare l’importanza che “la politica segua una spinta mondiale in corso. C’è stata dell’indecisione della politica in questo senso – la prima cosa da fare è mettere i conti in ordine. È un mercato [quello delle rinnovabili] che può offrire molto. La formazione deve essere professionale, continua e, a tratti, obbligatoria. In più, dovrà essere fatta anche in azienda e la chiave di lettura corretta è vederla come un investimento”.

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