Roma, 14/05/2024
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Ecco cos’è la città dei 15 minuti e perché ne parliamo (ancora)

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Un concetto di cui si continua a parlare da qualche anno e che almeno sulla carta è ancora molto sentito da chi governa, sta cambiando il nostro modo di pensare la mobilità

Traffico, inquinamento, infinite attese. Spesso è questa la realtà delle persone che vivono in città. O quantomeno è così che in molti se la immaginano. Nel frattempo, però, quasi silenziosamente, una nuova teoria urbanistica ha preso piede, e domina buona parte dei progetti infrastrutturali riguardanti il modo in cui ci spostiamo. Si chiama “Città dei 15 minuti” e ha origine in Francia.

Di cosa si tratta

“Le persone e il loro benessere come primo obiettivo dell’organizzazione urbana”: l’ha detto Carlos Moreno, un urbanista della Sorbona di Parigi che, nel 2016, pare abbia inventato il termine. E spiega così la misura della vivibilità urbana: “Bisogna promuovere la sostenibilità e la salute riducendo la dipendenza dalle automobili e aumentando l’attività fisica”.

In sostanza, questo tipo di città è quello in cui è possibile spostarsi per raggiungere tutto l’essenziale a piedi, in bicicletta o con i mezzi pubblici entro un quarto d’ora. Il che significa pianificare in modo molto diverso rispetto a quanto fatto finora gli spazi urbani. Un esempio? Bisognerebbe decentrare le attività commerciali e i luoghi fondamentali per la vita di ciascuno, così come andrebbero potenziati i mezzi pubblici per renderli più veloci ed efficienti.

Un pensiero che – secondo alcuni – non è così innovativo, considerando che il concetto di città simili a quella immaginata da Moreno risalgono persino a fine Ottocento. Ma che ha sicuramente rivoluzionato il modo in cui oggi molte città saranno ripensate, prima tra tutte Parigi, la cui sindaca Anne Hidalgo nel 2020 – complice la pandemia che aveva reso ogni spostamento cittadino un po’ più complesso – ha inserito la “Ville du quart d’heure” al centro della propria campagna di rielezione.

Quali sono nel mondo?

Ma ora un argomento più difficile: esistono città di questo tipo? “Il concetto di ‘Città dei 15 minuti’ dovrebbe essere visto come una serie di principi guida – ha spiegato in un’intervista l’urbanista Zaheer Allam dell’Università di Deakin in Australia– che le città possono adattare ed applicare ai propri bisogni e sfide”.

Dunque ogni città del quarto d’ora è diversa. E secondo molti la Parigi di oggi potrebbe essere considerata una di esse: per trasformarla, tra le varie cose, sono state create zone a traffico limitato, è stato migliorato l’apparato di trasporto pubblico ed inaugurate nuove piste ciclabili. A Copenhagen, il quartiere di Nordhavn oggi è diventato un esempio di città addirittura dei 5 minuti. Ma si potrebbe parlare anche del lavoro fatto a Barcellona, oppure oltreoceano a Portland, in Oregon, dove si è fissato l’obiettivo di rendere raggiungibili, per il 90% della popolazione nei vari quartieri della città, i punti necessari alle esigenze quotidiane e non legate al lavoro a piedi o in bicicletta entro il 2030.

In Italia siamo un po’ indietro. Ma i progetti ci sono: si parla di proposte simili a Taranto, ma persino Legambiente nel suo rapporto Mal’Aria ha ricordato quanto l’obiettivo di una città a misura di cittadino ed in cui è facile spostarsi sia ancora da raggiungere un po’ in tutta Italia.

Pro e contro, opinioni su un tema controverso

Trasformare le città in luoghi in cui si può far tutto in meno di 15 minuti è per molti una cosa positiva: fa bene alle persone, al pianeta, abbassa le emissioni di CO2 e incoraggia l’attività fisica – anche quando si tratta soltanto di una passeggiata. Aiuta i bambini a vivere l’esperienza di andare a piedi a scuola e permette agli anziani di spostarsi con più autonomia.

Ma non tutti la pensano così. Secondo alcuni, infatti, vivere così potrebbe “ghettizzare” le comunità che vivono in città: dato che tutto è così vicino a casa, non ci si sposta mai da una zona all’altra. E così isolare sempre di più i vari quartieri.

La situazione oggi in Italia

Al momento forse non possiamo dire che esista già una “città dei 15 minuti” in Italia. Nel 2021, a Roma, il Sindaco Roberto Gualtieri l’aveva inserita nei propri progetti, e come lui altri in tutto il Bel Paese. Ma c’è ancora molto da fare.

Dagli indici sul traffico, ai primi posti per il tempo perso in mezzo al traffico ci sono Milano (che con le sue 259 ore nel traffico l’anno è anche in quinta posizione nella classifica mondiale, terza in Europa), Roma (233 ore), Torino (224 ore), Palermo (188 ore) e Messina (164 ore). Di queste stanno migliorando i propri tempi soltanto Milano, Palermo e Messina, mentre Roma e Torino peggiorano.

Secondo i dati di Moovit sulla mobilità pubblica, i tempi di attesa dei mezzi pubblici in Italia non solo sono alti, ma stanno persino aumentando. In prima posizione Palermo e Trapani, che sono passate da 24 minuti a 29 minuti tra il 2020 e il 2022. Dopo la Campania, rimasta stabile nel tempo, mentre Roma e Lazio sono peggiorati di un minuto (da 15 a 16). Anche la situazione del trasporto pubblico su rotaia, d’altronde, non è per niente rosea.

Inoltre, per quanto riguarda monopattini e biciclette elettriche, l’Osservatorio nazionale sulla Sharing Mobility ha sottolineato nel suo ultimo report è emerso che soltanto 62 città hanno servizi di condivisione di mezzi di micro-mobilità. Le restanti 46 analizzate, invece, non ne hanno nemmeno uno.

Se da un lato la Città dei 15 minuti ha molto a che vedere con la presenza capillare di servizi e attività commerciali essenziali in tutta la città, evitando processi di accentramento, dall’altro lato è anche il frutto di una rivoluzione della mobilità che dev’essere ben pensata. Se non si lavora sulla riduzione del traffico in città e dei tempi di attesa dei mezzi pubblici, non ci si può aspettare di raggiungere un obiettivo così ambizioso.

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