Roma, 15/05/2024
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Corsa alle batterie: la Cina sfreccia e l’Europa rischia di restare indietro secondo la Corte dei conti

11riciclo delle batterie delle auto elettriche

L’analisi della Corte dei conti europea offre una analisi dei rischi per la filiera della mobilità elettrica europea di fronte al bando alla vendita di veicoli a combustione al 2035 e all’aumento della domanda di pacchi batteria e materie prime. I fattori della corsa alle batterie

Quasi una nuova immatricolazione su cinque nell’UE aveva una presa elettrica nel 2021, mentre ci si prepara a raggiungere quota 30 milioni di veicoli elettrici in circolazione entro la fine del decennio. Si aggiunge poi lo stop alla vendita di nuove auto a benzina e diesel previsto nel 2035: l’attuale contesto rende le batterie per veicoli elettrici un tema di fondamentale importanza per l’Unione.

Eppure, la Corte dei conti europea (ECA) allerta che l’Europa è a rischio di perdere la corsa mondiale alle batterie a causa dell’incerto approvvigionamento di materie prime per la nuova mobilità, oltre ai costi in aumento e la concorrenza. Con due scenari peggiori: essere contretta a rimandare il bando al 2035 oppure affidarsi a pacchi batteria e vetture di produzione extra UE per raggiungere gli obiettivi zero emissioni.

La leadership cinese

Secondo l’ECA, l’Unione europea è estremamente in ritardo rispetto ad altri Paesi, prima tra tutti la Cina, che rappresenta più del 75% della capacità di produzione globale di celle per batterie e ha appena messo sul piatto un enorme pacchetto da 72,3 miliardi di dollari in incentivi per auto elettriche e ibride.

Il pacchetto prevede che ogni nuovo mezzo elettrico a batteria e a basse emissioni (ibridi plug-in e a combustibile di idrogeno) acquistati nel 2024 e nel 2025 siano esenti dall’imposta d’acquisto di 4.170 dollari (30.000 yuan), ha comunicato il Ministero delle Finanze. Nei due anni a seguire, si pagherà solo metà imposta con un massimale posto a 15.000 yuan.

Misure che danno una continuità di altri quattro anni ad esenzioni già in essere – rinnovate tre volte dal 2014 – ed in scadenza a fine 2023. Il viceministro per le finanze Xu Hongcai, riporta Reuters, ha dichiarato che il pacchetto appena comunicato coprirà 115 miliardi di yuan (più di 16 miliardi di doll) di esenzioni, rendendolo il più massiccio nell’industria.

Materie prime: non solo litio nella corsa alle batterie

La Cina non solo è il principale produttore a livello globale di litio, ma anche di un altro materiale utilizzato nell’anodo nelle batterie (componente la cui produzione è quasi interamente dominata dalla Cina): si tratta della grafite naturale (61% della produzione globale) e lavorata (98%).

Le stime al 2030 parlano di una domanda di approvvigionamento pari a 777.000 tonnellate a livello globale che richiederanno, secondo un’analisi di Project Blue, 12 miliardi di dollari di investimenti. Stime molto più alte rispetto alle proiezioni di Benchmark, dovute al fatto che, per la prima volta, i veicoli elettrici copriranno quest’anno più della metà del mercato di grafite naturale, spiega la società di consulenza. Il che spinge le case automobilistiche, tra cui Tesla e Mercedes, ad esplorare nuovi produttori come il Madagascar e il Mozambico.

I rischi per la filiera delle batterie europea secondo la Corte dei conti

I revisori dei conti avvertono che l’UE rischia di non riuscire a raggiungere i suoi obiettivi climatici, che si basano sull’adozione di veicoli elettrici e, di conseguenza, di produzione di batterie e relative materie prime.

Materie prime per le quali l’UE è, al contrario della Cina, profondamente dipendente dalle importazioni da Paesi con i quali non ha veri e propri accordi commerciali. Oltre al 40% di importazioni di grafite che arrivano dalla Cina, l’UE importa il 68% di cobalto dalla Repubblica Democratica del Congo, l’80% di manganese da Sud Africa e Gabon e l’87% di litio dall’Australia.

Abbiamo parlato delle recenti scoperte di giacimenti minerari in Europa, dalla Svezia al Portogallo, ma sono i lunghi tempi che intercorrono tra la scoperta delle risorse e la loro produzione (dai 12 ai 16 anni) a rendere impossibile una risposta rapida alla crescente domanda. Gli accordi contrattuali assicurano la fornitura di materie prime solo per due o tre anni di produzione anticipata.

Un altro rischio è che l’aumento delle materie prime e dei prezzi dell’energia mettano a repentaglio la competitività della filiera di produzione di batterie europea. Alla fine del 2020, il costo di un pacco batteria era pari a 200 euro a kWh, più del doppio delle previsioni. Il prezzo del nickel, tra i metalli più accessibili, è aumentato del 70% negli ultimi due anni, ed il litio dell’80%.

In terzo luogo, conclude lo studio, c’è il rischio che i produttori di batterie abbandonino il territorio UE per altre regioni, non per ultimi gli Stati Uniti con i suoi incentivi diretti alla produzione di minerali e batteria previsti dall’Inflation Reduction Act.

La politica industriale europea sulle batterie

L’UE non deve trovarsi a dipendere da altri Paesi per le batterie com’è avvenuto con il gas naturale. È in gioco la sua sovranità economica”, ha spiegato Annemie Turtelboom, a capo dell’audit dell’ECA. “Con il progetto di porre fine alla vendita di nuove auto a benzina e diesel entro il 2035, l’UE punta molto sulle batterie. Ma potrebbe trovarsi svantaggiata in termini di accesso alle materie prime, attrattiva per gli investitori e costi”.

C’è stata, in compenso, una promozione efficace della politica industriale europea in questo ambito, anche se in ritardo: nel 2018 è stato pubblicato il Piano d’azione strategico sulle batterie che ha fornito gli strumenti strategici, normativi e finanziari per la costruzioni di una filiera europea. Inoltre, nel periodo 2014-2020, il comparto ha ricevuto almeno 1,7 miliardi di euro in sovvenzioni e garanzie sui prestiti dell’Unione europea, insieme ad aiuti statali fino a 6 miliardi nel periodo 2019-2021 soprattutto in Germania, Francia e Italia.

I revisori dei conti criticano però l’assenza di una visione di insieme del sostegno all’industria e, di conseguenza, un coordinamento e una guida adeguati. In generale, anche di una definizione di tempi e di step di raggiungimento degli obiettivi. Se lo scenario è che tutti i nuovi veicoli immatricolati siano a batteria dal 2035, la strategia dell’Unione deve valutare la capacità della filiera di far fronte alla domanda: secondo l’ECA, ciò non sta avvenendo. Soprattutto in un contesto in cui la produzione di batterie nel territorio UE ha il potenziale di raggiungere i 1200 GWh nel 2030 (dai 44 attuali): proiezione però che potrebbe essere compromessa da fattori economici e geopolitici, a cui la recente proposta della Commissione europea sulle materie prime del Critical Raw Materials Act cerca di far fronte.

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