Roma, 14/05/2024
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Auto elettriche: storia di una “rivoluzione cinese” non sempre green

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Che la Cina stia crescendo economicamente non è un mistero, ma che lo faccia nel settore automobilistico è forse un dato che si considera di meno all’estero. E con che numeri: nel 2021 crescita nelle vendite del 21%, ma ben del 113% nelle esportazioni. D’altronde è da qui che si comprano le auto elettriche più economiche al mondo. Gli stessi veicoli che, però, corrono sulle strade del Paese con la maggiore produzione di emissioni nocive.

La crescita a tre cifre del settore automobilistico in Cina

Ci sono diverse ragioni che hanno portato a una crescita così importante del settore in Cina. Anzitutto la nascita di poli produttivi di aziende occidentali nel paese a partire dagli anni ’80. Così si è formata un’intera generazione di manodopera locale. Poi, complici le leggi protezioniste del decennio successivo che hanno frenato lo sviluppo di imprese straniere sul territorio cinese, sono nate compagnie automobilistiche locali. Aziende che oggi hanno ben poco da invidiare ai concorrenti occidentali, e che lo stanno dimostrando.

Dal 1980, inoltre, molto è cambiato proprio in territorio cinese. Lo stipendio medio è cresciuto cento volte, e le automobili sono diventate perciò molto più accessibili. Tant’è che soltanto negli ultimi dieci anni il numero di auto sulle strade cinesi – senza considerare gli altri mezzi di trasporto su strada – è aumentato del 187%.

Infine, tra i motivi di questa esplosione commerciale c’è anche il fatto che la Cina si trova nel posto giusto al momento giusto. È ormai diventata per i brand occidentali il luogo dove produrre per poi vendere in Asia. Ed è proprio grazie alla maturità e alla competenza dimostrate negli ultimi anni dalle imprese locali che nessuno osa ormai più dire che le macchine made in PRC siano una “cinesata”.

Fattori vincenti: belle, economiche ed elettriche

Che i cinesi abbiano dei gusti diversi rispetto ai rivali europei è nella natura delle cose. Ad esempio, amano molto i SUV e i pickup, per niente invece le auto sportive e utilitarie. Ma le possibili differenze di gusti vengono ampiamente superate dalle innovazioni nel design, figlie in parte della commistione di ingegneria occidentale e cinese, dall’altra dalla libertà che nasce dal muoversi in un mercato immaturo, e quindi perfetto per sperimentare stili, forme, materiali e colori nuovi.

Lo stesso vale per le tecnologie utilizzate, a volte persino innovative rispetto a quello che si vede nel resto del mondo. Ed è qui che più che in altri casi emerge la competenza cinese. Le auto elettriche made in China sono ecologiche ed economiche, oltre che facilmente utilizzabili per la popolazione locale grazie alle numerose (e in costante crescita) colonnine di ricarica. Tant’è che nel mercato locale le auto cinesi Wuling Hong Guang Mini EV (che costa circa 4.181 euro) e la BYD Qin hanno già superato la Tesla per vendite. Per il 2021 nella top 10 sono soltanto due i modelli di Elon Musk, e in ogni caso anch’essi sono prodotti in Cina.

Cosa manca alle aziende cinesi e come raggiungerlo

Una domanda sorge: cosa manchi ancora alle aziende cinesi. L’essere ancora poco conosciute dagli acquirenti internazionali e una reputazione ancora non ben affermata sono due risposte a tale quesito. Ma saranno facilmente risolvibili nei prossimi anni, considerando i trend attuali.

C’è chi, poi, nota l’immaturità e l’assenza di una storia di produzione di auto in Cina. Quella forma di “affetto” che molti provano per l’azienda da loro preferita, magari per fattori storici, in genere socioculturali. Basti pensare al ruolo della prima Fiat 500 nella cultura italiana. Ed è vero. La Cina forse non ha – ancora – la sua 500. Ma quella degli ultimi trent’anni è sicuramente una storia. Forse non la vede chi ha lo sguardo troppo ad ovest.

L’altra faccia della medaglia: l’inquinamento cinese

Se la Cina si sta proponendo come la più grande produttrice mondiale di macchine “green”, in questo caso le elettriche, lo fa da Paese che ha ben poco di ecologico. Ormai da anni, infatti, viene richiamata dalle autorità internazionali per le sue emissioni di CO2, più della metà di quelle mondiali. E, nonostante i suoi grandi investimenti nell’energia pulita (nel 2010 ha persino superato l’UE, investendo 758 miliardi di dollari), è ancora indietro rispetto al resto del mondo.

Le cause di questo dato sono da trovare nell’industrializzazione molto rapida e poco interessata alla tutela dell’ambiente e nella crescita demografica costante degli ultimi decenni. Il risultato di questi dati sono stati gli altissimi livelli di polveri sottili (che ogni anno uccidono 1,1 milioni di persone secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità), la contaminazione del suolo e l’inquinamento delle acque.

Comprare un’auto elettrica cinese, allora, può essere utile nell’ottica di chi la vede come uno strumento a basso impatto ambientale, sì, ma a partire dal momento dell’acquisto. Forse, però, la storia che si sta raccontando passa anche da un mondo di provenienza controverso, che di “green” non ha molto. Dunque, da una vettura alimentata da una batteria ricaricabile, ma che potrebbe non essere a basso impatto ambientale. Allora, forse, l’economia non torna: perché cinese costa meno, ma costa (ancora) un po’ di più.

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