Roma, 19/05/2024
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Scatola nera in auto. Dove finiscono i dati?

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Scegliere di usare una scatola nera in auto per molti è stata un’opzione di convenienza, dato il gran numero di offerte per incentivarne l’utilizzo. Non è però evidente che non si tratta solo di un’opzione di sicurezza, ma anche di un rischio per la privacy e la causa dell’aumento in futuro dei costi delle polizze assicurative

Dal 7 luglio 2024 su ogni nuovo veicolo venduto in Europa dovrà essere presente una scatola nera, ossia quel piccolo dispositivo che contiene un GPS e raccoglie informazioni in tempo reale su come avvengono i nostri spostamenti. Finora consigliato dalle agenzie assicurative perché in grado di riconoscere immediatamente se vi è stato un incidente e facilitarne la ricostruzione, in realtà ha anche un lato oscuro. Si tratta del rischio per la nostra privacy da essa rappresentato.

Le informazioni raccolte da NexisLexis

Come si può leggere su un lungo pezzo uscito sul New York Times, sembrerebbe infatti che l’azienda NexisLexis. Si tratta di un broker internazionale di dati con sede a New York e che nella sua divisione Risk Solutions tiene traccia di incidenti e multe. Attraverso la cessione delle informazioni delle scatole nere da parte delle assicurazioni auto, però, in migliaia di casi acquisisce anche molto altro.

Su richiesta dei clienti, infatti, è possibile visionare l’eventuale rapporto sui dati raccolti sull’utente, se presente sul sistema. Al suo interno si potranno trovare decine di pagine dedicate ai viaggi in auto effettuati giornalmente, con tanto di orari di inizio e di fine, distanza percorsa, eccessi di velocità, frenate e accelerazioni particolarmente brusche.

Non c’è scritta la posizione esatta, ma tutti questi dati sono comunque rilevanti e sono anche la ragione per cui ad alcune persone negli ultimi anni è aumentato di molto il costo della polizza assicurativa nonostante l’assenza di sinistri.

Il nuovo modo delle assicurazioni per conoscerci

LexisNexis, dunque, svolge delle analisi sui dati veicolari che sono in grado di fornire un punteggio di rischio anche in assenza di sinistri. Queste si riferiscono agli ultimi sei mesi di utilizzo del mezzo. Si tratta, insomma, di un voto dato sulla base di criteri di pericolosità dello stile di guida. Questo consente alle assicurazioni di usare queste neoacquisite informazioni per formulare un prezzo personalizzato per ciascun utente.

E questo non avviene soltanto attraverso le scatole nere. In alcuni veicoli moderni che consentono il collegamento a Internet, infatti, sono presenti delle ‘spunte’ per dare il consenso alla raccolta di dettagli di guida che la stessa azienda automobilistica poi rivenderà a dei broker. Non tutti leggono a fondo i contratti che firmano una volta acquistata un’auto, soprattutto quelli sulla privacy. Come abbiamo raccontato in precedenza, però, quando si parla di veicoli connessi il rischio è dietro l’angolo.

Le app delle assicurazioni per la ‘guida sicura’

Un altro caso interessante, riporta ancora il NYT, è quello delle applicazioni per i veicoli dedicate alla promozione di uno stile di guida rispettoso delle regole e della sicurezza. Esempio particolarmente rilevante è quello dei veicoli di General Motors, che hanno delle app per connettere l’auto identiche ma con un nome diverso a seconda del brand (MyChevrolet, MyCadillac…).

Al loro interno ci sono opzioni per la partecipazione a un programma che si chiama Smart Driver, una sorta di gioco che, attraverso la creazione di punteggi del comportamento del conducente, dà premi o ricompense simboliche. Secondo il sito aziendale, questo piano può “aiutarti a diventare un miglior guidatore”. La partecipazione a questo programma, però, ha anche contribuito all’aumento dei costi delle assicurazioni di molti nell’ultimo periodo.

General Motors non è l’unica compagnia coinvolta in questo sistema. Anche Kia, Subaru e Mitsubishi contribuiscono al dataset di LexisNexis. Anche il broker Verisk ha accesso ai dati di milioni di veicoli e di avere partnership con aziende tra cui Ford, Honda e Hyundai. Anch’esse, come GM, includono funzioni opzionali nelle loro applicazioni come il Driving Score di Kia, Mitsubishi e Hyundai e il Driver Feedback di Honda e Acura.

Perché non è un sistema trasparente e come accedere ai propri dati

Gli automobilisti spesso e volentieri non capiscono a cosa acconsentono, perché non è evidente attraverso il giuridichese dei contratti che le informazioni fornite alle ‘terze parti’ sono di questo tipo e verranno utilizzate per personalizzare i costi assicurativi. Se le persone interessate non sanno che il modo in cui guidano influisce sui prezzi che devono pagare, dunque, non c’è trasparenza.

Se si desidera accedere ai propri dati, si possono richiedere i propri rapporti LexisNexis e Verisk (se esistenti).

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