Roma, 15/05/2024
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Batterie ad acqua, quattro studi di ricerca per realizzarle

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In un mondo che sempre di più si affida alle batterie al litio, alcuni scienziati stanno cercando soluzioni più ecologiche e sicure. Le batterie ad acqua sono una di queste: quattro studi nel mondo che lavorano per realizzarle

Difficoltà nel reperire il litio (dunque costi più alti) e pericolo di incidenti: questa la situazione complessa delle batterie più utilizzate attualmente, quelle a ioni di litio, che si pensa arriveranno ad essere l’80% dell’attuale mercato delle batterie. Negli ultimi tempi, si è cercato di trovare delle alternative più economiche, stabili e sicure. Queste potrebbero essere le batterie ad acqua, un’invenzione che finora non ha raggiunto i livelli di qualità del litio ma che potrebbe riservare sorprese. Tant’è che al momento sono in corso tre studi diversi in merito.

Maggiore sicurezza e voltaggio”: lo studio dell’università di Houston

L’obiettivo principale dello studio delle batterie ad acqua è quello di riuscire a pensare dei prodotti che garantiscano una maggiore sicurezza rispetto al litio e più voltaggio rispetto alle batterie ad acqua create finora. Un’impresa davvero complessa, ma che gli studiosi dell’Università di Houston stanno cercando di affrontare.

I ricercatori Yao Yao e Yanliang Liang hanno fatto il punto sull’evoluzione delle batterie ricaricabili a base acquosa sulla rivista Nature Reviews Materials: “Volevamo fare un quadro del panorama delle batterie ad acqua – ha spiegato Liang in un’intervista – Se non capiamo il generale contesto, non possiamo sapere quale sarà la prossima opportunità”. E per realizzare quanto hanno notato nei loro studi, i due ricercatori hanno anche creato la startup LiBeyond, che si occupa proprio dello sviluppo di queste batterie.

Le batterie di questo genere attualmente esistenti hanno però una densità energetica troppo scarsa, e per questo motivo sono ancora inadatte all’applicazione nei trasporti e necessitano di ulteriori migliorie. Dall’altro canto, però, c’è da considerare che i materiali di base sono molto abbondanti, non sono infiammabili proprio perché a base acquosa e sono di facile fabbricazione.

Saranno necessari un po’ di test per provare nuove combinazioni – ha continuato LiangA volte risulteranno in miglioramenti in un’area e compromessi in un’altra”. Un punto di vista realistico che, però, lascia anche spazio a una buona dose di fiducia nel futuro: “Un giorno, avremo una batteria a base acquosa che ha lo stesso voltaggio di una a ioni di litio, ma sarà più sicura perché a base di acqua”, ha concluso. La sicurezza di questi prodotti, infatti, può rivelarsi fondamentale se applicata in luoghi soggetti a disastri naturali, come uragani o alluvioni, oppure alle tecnologie indossabili, come può essere uno smartwatch.

Le batterie perfette per impianti fotovoltaici ed eolici

Secondo uno studio di ricercatori giapponesi e tedeschi pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences, invece, una batteria ad acqua da loro pensata potrebbe non essere ancora adatta ai veicoli, ma perfetta per i sistemi di accumulo.

Questo significa che impianti eolici e fotovoltaici come quelli esistenti finora potrebbero essere collegati con successo ad una batteria d’accumulo a base d’acqua, che per il suo ruolo non avrebbe dunque bisogno di alto voltaggio. Nelle occasioni di questo genere, infatti, è stato provato che la batteria ha un grosso calo di prestazioni a causa della degradazione dell’acqua.

Il sistema della carta attivata dall’acqua dell’Empa

Un’altra idea interessante è stata progettata dalla Swiss Federal Laboratories for Materials Science and Technology (Empa). Si tratta di un’innovativa batteria di carta che viene attivata da due gocce d’acqua. Un’idea economica e biodegradabile, che consiste nell’avere una piccola cella all’interno della carta, con tre inchiostri diversi stampati sopra di essa. Dopodiché questo foglio è cosparso di cloruro di sodio (ossia di sale da cucina) e immerso nella cera.

I tre inchiostri costituiscono da un lato l’elettrodo positivo (creato con dei pezzi di grafite), dall’altro quello negativo (inchiostro con polvere di zinco). Il terzo è presente su entrambi i lati ed è creato con grafite e nerofumo, ed ha il ruolo di connettere i due poli da cui partono i fili elettrici.

La batteria si attiva nel momento in cui vengono depositate due gocce d’acqua, che a loro volta attivano il sistema sciogliendo il cloruro di sodio che rilascia ioni positivi e negativi. Gli elettroni si muovono dall’anodo al catodo e la reazione con l’ossigeno dell’aria genera una corrente elettrica.

Al momento i ricercatori sono riusciti ad avere una tensione di 1,2 V per la prima ora, e con l’aggiunta di altra acqua il voltaggio raggiunge 0,5 V per un’altra ora. Questo sistema si pensa possa essere utile per dispositivi diagnostici e sensori ambientali, ad esempio. Questo perché potrebbero essere utili per sostituire le classiche pile AA, che hanno un voltaggio di 1,5 V.

Eravamo abbastanza sicuri che avremmo avuto qualcosa di funzionante alla fine – ha spiegato Gustav Nystrom, autore senior dello studio delle batterie attivate dall’acqua – ma sviluppare questi materiali e sistemi a inchiostro è tutto tranne che banale”. Nonostante ciò, le applicazioni sembrano esserci e la produzione potrebbe iniziare in un tempo che va dai 2 ai 5 anni.

Batterie ad acqua di mare, un’intuizione coreana

L’ultima (ma non per originalità) è un’idea proposta da Jun Kang e il suo gruppo di ricerca per la Korea Maritime and Ocean University.

Le batterie ad acqua di mare sono basate sulla tecnologia delle ricaricabili al sodio, ma con la differenza che nel loro caso il catodo è costituito da acqua marina. Finora, però, i materiali anodici ad alte prestazioni non erano stati facili da sviluppare: i materiali a base di carbonio, infatti, devono essere drogati con più elementi, ma finora le vie per il cosiddetto “co-doping” sono state pericolose e complesse.

Kang ha pensato a una nuova sintesi che permette di creare carbonio co-drogato con azoto e zolfo da lui definito “plasma in liquido” perché la tecnica genera una soluzione con al suo interno un gas ionizzato, dunque un plasma.

Un metodo che ha del grande potenziale per le seawater batteries, appunto le batterie ad acqua di mare, e che permetterebbe di raggiungere “una vita di più di 1500 cicli a una densità corrente di 10 A/g”, come spiegato da Kang in un articolo per la rivista Carbon.

Le batterie ad acqua di mare possono essere operate in modo sicuro anche da sommerse in acqua, il che le rende operabili in diverse condizioni. “Le batterie a base di acqua possono essere installate come una fonte d’energia per l’attrezzatura di salvataggio sulle navi passeggeri – ha ipotizzato KangNon solo fornirebbero una densità energetica maggiore rispetto alle batterie a pile, ma permetterebbero inoltre operazioni stabili in acqua, aumentando le possibilità di sopravvivenza”.

Altri utilizzi potrebbero essere in forma di batterie di emergenza per le centrali nucleari vicine alla costa (al posto di generatori a diesel, che potrebbero essere problematici durante eventi naturali catastrofici), o più banalmente sulle boe in mare.

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