Roma, 13/05/2024
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Chiavi auto, come si sono evolute: dalla manovella alle versioni digitali con le app

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Le chiavi delle auto hanno subito una serie di evoluzioni di pari passo con le trasformazioni della mobilità, da quella tradizionale all’elettrica, e con i cambiamenti nell’esperienza di guida. Una rapida rassegna, dai primi metodi per aprire ed avviare l’auto alle tecnologie più recenti

È un oggetto della nostra quotidianità, qualcosa a cui non facciamo caso essendo un’estensione delle nostre attività praticamente quotidiane, ma la chiave dell’auto non è un semplice gingillo strumentale, bensì un oggetto che testimonia nel suo piccolo l’evoluzione della mobilità. E i cui cambiamenti non si arrestano.

È una storia che nasce dagli albori dei primi mezzi a quattro ruote, andando poi di pari passo con il progresso delle auto sino ad una smaterializzazione che sta coinvolgendo molti oggetti o supporti che usiamo quotidianamente.

Chiavi auto, i primi modelli nell’era dell’avviamento a manovella

Le prime forme rudimentali di chiavi di avviamento appaiono nel 1910, in luogo della precedente manovella. Quest’ultima, assieme al simile volano orizzontale, era ritenuta pericolosa (Henry M. Leland, allora presidente di Cadillac, spinse i suoi ingegneri a trovare un metodo di accensione alternativo dopo il ferimento di un suo amico proprio a causa di una manovella). La chiave diventa uno spartiacque nella storia della mobilità: senza, una vettura non poteva aprirsi o avviarsi. Anche se i metodi precedenti per un po’ restarono complementari, almeno sino agli anni Cinquanta.

Sono ancora lontani i tempi delle chiusure centralizzate (inizialmente studiate per i modelli di lusso: nel 1963 il debutto sulla Mercedes-Benz 600), e soprattutto degli aggeggi elettronici con comando a distanza. Ma intanto, nel 1949 Chrysler introduce ufficialmente la chiave moderna, quella che fa partire l’auto con il tipico giro di avviamento.

Dalla chiave a doppia faccia ai primi sistemi di blocco/sblocco dell’auto a distanza

Nel 1965 Ford segna un altro spartiacque con la chiave a doppia faccia. Un concetto antico se pensiamo al corrispondente per serrature a doppia mappa, ma inedito per le auto. E che è diventato un sistema comune per tantissime auto contemporanee.

Nel 1972 Mercedes-Benz allarga la chiusura centralizzata all’intera gamma della Classe S. E nel 1986 Chevrolet introduce una sorta di antifurto (un resistore meccanico) alle sue chiavi. Inizialmente scorporato dallo strumento di avviamento, questi dispositivi in seguito saranno integrati nella chiave stessa. Alla fine degli anni Ottanta iniziano a comparire i primi dispositivi per accedere all’auto da remoto, senza inserire la chiave nella serratura del veicolo (uno dei primi modelli ad implementare il sistema fu la Cadillac Allanté del 1987).

Negli anni Novanta si diffondono quindi i telecomandi per aprire la vettura, diventati rapidamente la norma. Ma intanto nel 1990 debutta per la Lexus LS400 un tipo di chiave con taglio al laser, studiata per essere difficilmente replicabile. Sempre nello stesso anno spunta la chiave estraibile a serramanico della Mercedes SL e chiusura a distanza. Un design poi sfruttato da larga parte delle attuali Volkswagen.

Il sistema Passive Keyless Entry e le Smart Card

È il 1993, e la Chevrolet Corvette è la prima ad usare il sistema Passive Keyless Entry, primo prototipo dei telecomandi di prossimità che sbloccano e bloccano l’auto semplicemente avvicinandosi ad essa con il dispositivo, senza però allora avviare il mezzo.

Nel corso degli anni debuttano anche i sistemi a tessera, in luogo delle normali chiavi. Nel 2003 Mercedes-Benz crea un dispositivo delle dimensioni di una carta di credito come chiave di prossimità, seguita poi dalla versione di questa Smart Card proposta da Lexus nel 2004.

Anche Renault si cimenta con qualcosa di simile, con la tessera da infilare in auto in una fessura interna (dopo aver aperto la portiera con un tasto della Smart Card) e quindi azionare il pulsante di avviamento. Sono anche gli anni in cui iniziano a diffondersi i sistemi con i tasti di accensione, che soppiantano il classico avviamento tramite serratura. Una tecnologia che affonda le proprie radici addirittura al 1912, con il rudimentale sistema della Cadillac Model 30.

La rivoluzione degli smartphone e il touchscreen proposto da BMW

Nel frattempo irrompono gli smartphone e nel 2016 BMW crea un dispositivo con touchscreen LCD. Questo offre una serie di informazioni sul blocco o meno delle portiere, il livello di carburante, persino il prossimo tagliando da fare. La chiave, oltre ad aprire e chiudere l’auto da 300 metri di distanza, può sbloccare anche il bagagliaio e impostare il climatizzatore. Ma non solo: è possibile anche parcheggiare da remoto.

Le curiosità nella storia delle chiavi delle auto

Il cammino delle chiavi dell’auto ha conosciuto poi altre tappe intermedie, relegabili nel novero delle curiosità. Pensiamo ad esempio a quelle in oro massiccio realizzate per la 300 SL Gullwing della Regina Soraya di Persia, oppure alla chiave Tibbe diventata marchio di fabbrica per Jaguar negli anni Novanta, pur essendo nata per la Merkur Scorpio del 1989.

E ancora, il braccialetto chiamato Activity Key (studiato ad esempio per chi fa sport) di Jaguar Land Rover, che utilizzando la tecnologia NFC (Near Field Communication) sblocca e blocca l’auto avvicinando il dispositivo alla portiera. Un oggetto simile è stato proposto anche da BMW per la X3, Serie 5 e Serie 7. In questo caso però si può rimuovere l’agile trasponder dal bracciale. E infine citiamo il cronografo Amvox di Jaeger-Le Coultre che, tramite un semplice sfioramento del quadrante dell’orologio, apre le portiere di alcuni modelli Aston Martin.

La smaterializzazione tramite app e le ultime innovazioni

Ma negli ultimi anni, come abbiamo anticipato, anche la chiave dell’auto come tanti altri supporti sta andando verso la smaterializzazione. Nel 2018 Tesla, pioniera della trasformazione della mobilità elettrica a trend di consumo più ampio, propone per la Model 3 una app che supera la chiave fisica, ma anche l’aggeggio di BMW con touchscreen. App che tra l’altro è sempre in esecuzione in background utilizzando un sistema Bluetooth Low Energy.

Si diffondono inoltre le tecnologie UWB, ovvero Ultrawide-Band. Un metodo di accesso da remoto e senza mani che al tempo stesso dovrebbe assicurare la massima sicurezza in caso di furto o hackeraggio. Una sorta di Bluetooth molto più preciso, con una trasmissione di impulsi a corto raggio con una larghezza di banda alta. Un sistema che costruttori come BMW e Volkswagen stanno implementando sui loro modelli.

Le innovazioni non si fermano qui, coprendo anche un aspetto delicato come l’autonomia degli smartphone. Le app in questione evitano di consumare molta energia, mentre le chiavi digitali di Apple garantiscono un funzionamento autonomo sino a 5 ore se il nostro dispositivo è scarico o ha subito danni.

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