Roma, 19/05/2024
Roma, 19/05/2024

La guida autonoma rischia di avere un serio impatto sull’ambiente: la ricerca del MIT

11

I ricercatori del MIT hanno stilato un modello in cui si ipotizza un futuro con un’ampia diffusione dei veicoli autonomi, ma che potrebbe generare una ingente quantità di emissioni

L’autonomia ha un costo ambientale che potrebbe scompensare le zero emissioni da parte di auto elettriche e nella mobilità alternativa: una ricerca portata avanti dal Massachusetts Institute of Technology mostra come l’efficienza degli hardware debba migliorare ancora molto per mantenere le emissioni di veicoli a guida autonoma a bada.

Lo studio MIT: le auto a guida totalmente autonoma hanno un impatto critico sull’ambiente

Secondo questo studio del MIT diramato questo mese, infatti, nel prossimo futuro le auto a guida autonoma potrebbero richiedere una quantità di energia utile a far funzionare il software di bordo tale da generare “tante emissioni di gas serra quanto tutti i data center che abbiamo nel mondo attualmente” (che rappresentano all’incirca lo 0,3% delle emissioni globali di gas serra: quanto quelle prodotte dall’Argentina ogni anno, secondo i dati dell’Agenzia Internazionale dell’Energia).

Questo è ciò che risulta da un modello elaborato dai ricercatori, secondo il quale si ipotizza una diffusione della guida autonoma per un miliardo di veicoli, ognuno di essi guidato per un’ora al giorno con un computer di bordo che consumerebbe ben 840 watt: moltiplicato per un miliardo darebbe un valore in effetti preoccupante in termini di emissioni prodotte.

La possibile soluzione: l’efficientamento dell’hardware

Per evitare un tale impatto i ricercatori del MIT sono giunti a conclusione che ogni vettura dovrebbe perciò sfruttare meno di 1,2 kilowatt di potenza per il calcolo, con un efficientamento quindi dell’hardware. “In uno scenario in cui il 95% della flotta globale di veicoli sarà autonomo nel 2050 – si legge nell’articolo che ha presentato la ricerca -, i carichi di lavoro computazionali raddoppiano ogni tre anni e il mondo continua a decarbonizzarsi seguendo il ritmo attuale, […] l’efficienza dell’hardware dovrebbe raddoppiare più velocemente ogni 1,1 anni mantenere le emissioni al di sotto di tali livelli”.

In buona sostanza, secondo Soumya Sudhakar, prima firmataria ed autrice dello studio e ricercatrice in aeronautica e astronautica, la tendenza attuale in termini di decarbonizzazione e al tempo stesso quella relativa ai progressi dell’hardware non sarebbe sufficiente per limitare le emissioni dei computer di cui si doteranno le auto per la guida autonoma.

Le incognite dello studio

Perciò bisogna agire da subito, ma bisogna anche chiarire il fatto che lo studio ipotizza uno scenario con flotte di veicoli ad un livello massimo di guida senza l’ausilio del conducente, prospettiva al momento difficilmente realizzabile. Anzi, sembra che questo percorso così utopistico non sia più una priorità di start-up ed aziende automobilistiche, rispetto al recente passato, ma la tecnologia comunque continua ad evolvere. Sudhakar infatti avverte: “Ciascuna di queste variabili [nello studio] contengono molte incertezze perché stiamo prendendo in considerazione un’applicazione emergente che non è ancora stata realizzata“.

Inoltre tra le variabili bisogna considerare anche il tempo effettivo trascorso in un’auto autonoma, che secondo alcuni modelli potrebbe aumentare perché gli utenti a bordo possono svolgere diverse attività mentre la vettura procede, ed altri invece parlano di un tempo che diminuisce, “perché gli algoritmi potrebbero trovare percorsi ottimali che portano le persone a destinazione più velocemente”.

Non dimentichiamo inoltre l’incertezza di uno studio che addotta un modello in cui si contempla una tecnologia, la guida autonoma di livello massimo, che in effetti non esiste ancora. Perciò i ricercatori del MIT hanno dovuto fare affidamento ad un “un popolare algoritmo per veicoli autonomi, noto come rete neurale profonda di tipo multitasking, proprio perché può eseguire molte attività contemporaneamente”. Gli autori dello studio quindi “hanno esplorato quanta energia consumerebbe questa rete neurale profonda se elaborasse simultaneamente molti input ad alta risoluzione da molte telecamere e con frame rate elevati”.

L’ipotesi di un sistema di calcolo avanzatissimo

Questo modello probabilistico ha messo in luce un sistema avanzatissimo che ha sorpreso i ricercatori. Riporta l’articolo del MIT che cita lo studio: “Ad esempio, se un veicolo autonomo ha 10 reti neurali profonde che elaborano immagini da 10 telecamere e quel veicolo guida per un’ora al giorno, effettuerà allora 21,6 milioni di inferenze ogni giorno. Un miliardo di veicoli farebbe 21,6 quadrilioni di deduzioni. Per fare un raffronto, tutti i data center di Facebook in tutto il mondo fanno qualche trilione di inferenze ogni giorno (1 quadrilione equivale a 1.000 trilioni)”.

Insomma, la guida totalmente autonoma richiederebbe un’ingente potenza di calcolo, con computer di bordo che hanno “una visione del mondo a 360 gradi”, spiega un altro ricercatore del MIT, il professore associato di aeronautica ed astronautica e direttore del Laboratorio per i sistemi informativi e decisionali (LIDS) Sertac Karaman. “Perciò, mentre noi abbiamo due occhi, loro potrebbero averne 20, guardando dappertutto e cercando di capire tutte le cose che accadono nello stesso momento”. Inoltre i veicoli autonomi non sono solo le auto per gli spostamenti dei singoli utenti, ma anche i mezzi commerciali, il trasporto di merci lungo le catene di approvvigionamento globali e così via.

Per migliorare quindi l’efficienza ed abbattere le emissioni, secondo i ricercatori sarebbe utile progettare hardware specializzati per ogni singola attività di guida autonoma e specifici algoritmi di guida, ma il problema è che i veicoli tendono ad avere un ciclo di vita decennale o ventennale, quindi bisognerebbe implementare hardware specializzati ma che durino nel tempo ed eseguano nuovi algoritmi. Altro punto critico: algoritmi più efficienti con meno potenza di calcolo potrebbe sacrificare la loro precisione sull’altare dell’efficienza, rimettendoci in termini di sicurezza.

La ricerca degli studiosi del MIT comunque continua, verso l’esplorazione di altri scenari. Vivienne Sze, professoressa associata presso il Dipartimento di Ingegneria Elettrica e Informatica (EECS) e membro del Laboratorio di Ricerca di Elettronica (RLE), si è comunque augurata: “Speriamo che le persone valutino le emissioni e l’efficienza del carbonio come parametri importanti da considerare nei loro progetti. Il consumo di energia di un veicolo autonomo è davvero fondamentale, non solo per prolungare la durata della batteria, ma anche per la sostenibilità”.

Related Posts