Roma, 14/05/2024
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Le auto elettriche della Cina stanno per conquistare il mondo: ecco come (Prima Parte)

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Un’analisi di come la Cina stia riuscendo con le proprie auto elettriche ad insidiare le posizioni un tempo consolidate dell’industria automobilistica europea, americana e giapponese (prima parte)

La Cina è una concorrente temibile per il mercato automobilistico europeo ed americano, come è ormai risaputo. Abbiamo già visto in precedenza come il colosso asiatico sia riuscito ad avere un posizione preminente nel settore delle auto elettriche e della filiera collegata (materie prime, batterie e così via). Questo anche per una certa sottovalutazione da parte dei marchi del resto del mondo, che difficilmente potevano preventivare una crescita così impetuosa delle case cinesi. Roba da spiazzare realtà leader a livello globale come Toyota, costretta a correre ai ripari mentre il Giappone rischia il primato nelle esportazioni mondiali di veicoli, a scapito della stessa Cina.

La Cina e la sua industria di auto elettriche: 300 marchi, ma spicca BYD

Le vetture cinesi potrebbero quindi mettere seriamente in difficoltà la concorrenza anche per il livello tecnologico. Tra sistemi di navigazione di guida assistita, sensori di sicurezza come telecamere che capiscono il livello di stanchezza del conducente, infotainment con schermi ad alta risoluzione e così via.

Come illustra un reportage di Carlton Reid pubblicato su Wired.com, in Cina ci sono 300 aziende costruttrici di auto elettriche, mentre compagnie leader nel settore degli smartphone come Xiaomi o Huawei stanno ugualmente investendo nel settore. La seconda in particolare a novembre lancerà Luxeed, marchio automobilistico del segmento di lusso frutto della collaborazione con la statale Chery Automobile.

Ma tra le 300 realtà a spiccare per ora è BYD. Il marchio che potrebbe impensierire nel suo terreno Tesla e che si occupa anche di energie rinnovabili è stato fondato da Wang Chanfu, la cui storia è una versione orientale del self made man, visto che discende da una famiglia di agricoltori poveri, e non certo magnati. BYD detiene il 37% della quota del mercato interno cinese e lo scorso anno ha prodotto quattro tra le dieci auto elettriche più vendute al mondo. È inoltre sostenuta da Warren Buffett, e riesce anche a insidiare un colosso delle batterie come CATL, sempre cinese, nel proprio settore. Già nel 2020 BYD ha presentato una batteria al litio-ferro-fosfato, la Blade, più affidabile e sicura rispetto alle tradizionali celle.

E la parabola di BYD (dal nome cinese dell’azienda, Biyadi, e poi adattato come acronimo del più occidentale Build Your Dreams) racchiude in pochi decenni trasformazioni che sono ancora in atto nelle nostre realtà automobilistiche. Nata nel 2003 come azienda produttrice di batterie per auto con motori termici, nel 2008 lancia la sua prima ibrida plug-in. E nel 2022 ha dismesso totalmente la vendita di veicoli a benzina e diesel.

L’UE corre ai ripari, ma BYD potrebbe spodestare Tesla a livello globale

Ora il marchio punta all’espansione europea costruendo probabilmente in Francia le proprie auto. L’UE non è restata a guardare, con la presidente della Commissione Ursula von der Leyen che ha annunciato una indagine sulle sovvenzioni statali cinesi sulle loro auto, per comprendere se ci sia una distorsione del mercato. I sospetti riguardano i prezzi estremamente concorrenziali delle vetture elettriche del Dragone, altro punto a favore dell’ascesa nel settore della Cina. Negli Stati Uniti vigono invece ancora i dazi dell’era Trump, con le importazioni di BEV dal Paese asiatico tassate del 27,5%.

Di questo passo, BYD potrebbe entro la fine del 2023 spodestare Tesla dalla posizione di leader nel mercato globale di auto elettriche. E potrebbero seguire a ruota gli altri marchi cinesi, approfittando della lentezza delle case europee, americane e giapponesi.

Corsi e ricorsi: sembra stia avvenendo quanto visto negli anni Ottanta, quando Toyota ed altre realtà asiatiche come Nissan vennero sottovalutate dai marchi consolidati.

Perché l’industria cinese sta insidiando quella occidentale

Bill Russo, ex dirigente di Chrysler, ha spiegato su Wired: “[Le case automobilistiche storiche] hanno l’abitudine a non prendere sul serio una minaccia emergente”. E ancora: “Esse credono che, se le cose non tornano a loro, non possono tornare agli altri. L’idea di costruire piccole utilitarie redditizie era un problema che lasciavano risolvere ad altri. Costruire veicoli elettrici redditizi era un problema risolvibile che lasciarono a Tesla. L’industria automobilistica resiste al cambiamento”.

Sempre su Wired ha detto la sua Andy Palmer, già direttore operativo di Nissan che nel 2005 diede il via allo sviluppo della prima vettura elettrica destinata al mercato di massa, ovvero la Leaf. Successivamente è stato amministratore delegato di Aston Martin e poi di PodPoint, compagnia britannica che fornisce stazioni di ricarica per auto elettriche. Palmer ha spiegato: “Sono 15 anni che metto in guardia sulla Cina. Ho avvertito i governi del Giappone, del Regno Unito e degli Stati Uniti riguardo il rischio reale che la Cina riuscisse a produrre auto elettriche su vasta scala. E, alla fine, si è rivelato così”.

Poi ha aggiunto: “Solo nel Regno Unito, l’industria automobilistica mantiene 800.000 posti di lavoro. L’ingegneria automobilistica ha conseguenze anche su altri settori dell’economia. Quando si perde l’industria automobilistica, si perdono competenze ingegneristiche, formazione specialistica e capacità scientifiche. I governi di tutto il mondo dovrebbero sostenere le loro industrie automobilistiche perché è fondamentale per il PIL e la futura base di ricchezza di qualsiasi Paese”.

Quando la Cina comprese di dover cercare altre vie per competere con l’industria automobilistica occidentale

La Cina ha un vasto mercato, ha economie di scala, ha sussidi da parte del governo centrale [anche se da quest’anno verranno via via dismessi, ndr], e ha una strategia internazionale che cerca il dominio nei mercati esteri con un prodotto – veicoli elettrici a prezzi accessibili – che i produttori occidentali non sono in grado di offrire”, ha proseguito Palmer, che ha illustrato in maniera precisa come il Dragone si sia mosso per ottenere la propria leadership.

Ho visto come la Cina abbia portato avanti la sua serie di piani quinquennali. Già allora era evidente che la Cina era giunta alla conclusione di non poter competere con l’Occidente con i motori a combustione interna. La loro soluzione, rischiosa ma innovativa, era che il modo per scavalcare l’Occidente passasse attraverso quelli che chiamavano ‘nuovi veicoli energetici’”.

Qui la seconda parte dell’analisi.

Immagine di Copertina: BYD

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