Roma, 15/05/2024
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Auto Elettriche. Perché sono il futuro (anche per i posti di lavoro)

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Le ragioni per cui le auto elettriche potrebbero generare vantaggi nell’economia e nell’industria. Sfatiamo inoltre la diceria secondo cui i posti di lavoro nel settore automobilistico sarebbero a rischio

Perché alcuni governi stanno investendo nel settore delle auto elettriche e nella transizione verde della mobilità? Una risposta sbrigativa legata al motivo per cui vengono elargiti sostegni e sovvenzioni per produrre e guidare BEV potrebbe riguardare aspetti ideologici. Ovvero, è più facile che un esecutivo o una maggioranza progressista o liberal scommetta sull’elettrico, a differenza di guide più conservatrici.

In realtà stiamo vivendo una rivoluzione automobilistica epocale che non può essere liquidata, come oggi avviene spesso, all’interno di uno scontro tra guelfi e ghibellini. Questo è quanto avviene a valle, ma a monte ci sono ragioni più fondate per sostenere la mobilità elettrica.

I vantaggi dell’industria delle auto elettriche: l’abbattimento delle emissioni

Sicuramente la prospettiva ambientale, anche se su questo argomento le opinioni un tempo erano più discordanti. Un pensiero comune riguardava il fatto che produrre un’auto elettrica era comunque un processo inquinante, così come il consumo di elettricità.

Lo sviluppo tecnologico, l’avanzata delle fonti rinnovabili, la conversione ecologica delle aziende costruttrici e l’economia circolare, con il recupero di componenti impattanti come le batterie, smontano la tesi di auto ad emissioni zero comunque inquinanti. Certo, siamo ancora lontani dalla quadratura del cerchio, ma la strada da percorre è tracciata.

Uno studio dello scorso anno della Fondazione Filippo Caracciolo, centro studi di riferimento dell’ACI, sottolinea come le emissioni delle auto elettriche siano inferiori alle versioni con motori benzina o diesel, tenendo conto dell’intero ciclo di vita. Non dimentichiamo che le BEV non hanno tubi di scarico, e quindi durante la marcia non viene prodotta CO2. Né altri gas nocivi come gli ossidi di azoto, i monossidi di carbonio o gli ossidi di zolfo (SOx).

Rendendo sostenibile il processo di produzione del veicolo partendo dall’estrazione dei minerali critici per le batterie, magari utilizzando metodi per recuperare quelle esauste, le emissioni prodotte caleranno ulteriormente.

L’importanza di sostenere una propria economia nel settore delle auto elettriche

I critici delle auto elettriche dicono però che, se da una parte ci liberiamo dalla dipendenza del petrolio straniero, dall’altra diventeremo succubi della Cina, che detiene il monopolio nel settore delle EV e sta gradualmente ma inesorabilmente invadendo i mercati con le sue vetture elettriche, con prezzi competitivi. Se gli Stati Uniti hanno lanciato lo scorso anno l’Inflation Reduction Act, il poderoso piano di investimenti e sovvenzioni nella transizione verde, l’Europa sta provando a reagire.

Secondo Credit Suisse l’IRA farà girare ben 152 miliardi di dollari nel prossimo decennio per sostenere l’industria americana delle BEV. L’UE ha lanciato a sua volta il proprio Green Deal, approvando non senza qualche patema lo stop alla vendita di auto termiche dal 2035. Esiste inoltre un piano per realizzare 50 gigafactory per le batterie sul suolo europeo. Ma come ha sottolineato William Tods, direttore esecutivo di Transport&Environment, bisogna agire presto e con decisione per evitare che l’industria fiorisca solo negli USA per effetto dell’IRA.

Il dilemma dei posti di lavoro: lo studio che smonta un falso mito

Decarbonizzare non significa deindustrializzare. La mobilità elettrica non vuol dire che il settore automobilistico attuale perderà posti di lavoro creando sconquassi sociali ed economici. Un altro falso mito sull’elettrico riguarda appunto la crisi occupazionale che esso porterebbe. Ebbene da uno studio del 2022 realizzato da Motus-E e dal Center for Automotive and Mobulity Innovation (CAMI) dell’Università Ca’ Foscari, dal titolo Rapporto sulle trasformazioni dell’ecosistema automotive italiano, emerge un’altra verità.

Non solo non ci sarebbe l’ecatombe di posti di lavoro nel settore, ma in Italia al 2030 ci potrebbe essere un aumento del 6% grazie all’elettrico. Al netto, si tratta di una crescita di 15.419 occupati nel settore dei componenti per vetture. Il dato è stato riscontrato dall’analisi condotta su oltre 2.400 aziende di casa nostra – con un numero superiore ai 280.000 addetti – impegnate nella componentistica.

È anche vero che saranno dei posti di lavoro legati ai componenti specifici per auto con motori a benzina e diesel che potranno essere persi. Ma ciò verrà compensato dal fatto che la maggior parte dei lavoratori del settore è impiegato in aziende che producono sì componentistica, ma non legata in via esclusiva per le auto con motori termici.

Tutto comunque dipenderà da come si gestisce questa transizione economica e sociale. Ovvero se i governi investiranno per favorire la conversione al settore elettrico, anziché ostacolarlo. Il rapporto stima effetti benefici per tutta la filiera. Ad esempio quella delle batterie, prevedendo la creazione di 4.000 nuovi posti di lavoro diretti in Italia.

Gli altri vantaggi dell’industria elettrica

Infine, la mobilità elettrica presenta altri vantaggi. Ad esempio costi operativi inferiori rispetto ai veicoli endotermici. E questo grazie alle spese inferiori agevolate dalla necessità di non dover usare il carburante (questa estate Tesla ha pure offerto una giornata di ricarica gratis per i possessori delle sue auto: quando mai un colosso petrolifero consentirà il rifornimento a zero spese nelle pompe di benzina?). Per non parlare poi degli inferiori costi di manutenzione.

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